#Regionali2015: un trionfo!

“Mentre lascio l’appartamento la radio trasmette i risultati delle elezioni politiche di questa settimana: «Il centro avanza, la destra è migliorata, la sinistra è in progressione». Tutto regolare.”

Nelle parole di questo vecchio monologo di Paolo Rossi c’è il sunto della tornata elettorale dello scorso weekend: è stato un trionfo. Hanno vinto TUTTI, almeno a sentir parlare i protagonisti della scena politica italiana. Le elezioni in questione non erano politiche, ma regionali, e vedevano chiamati alle urne gli abitanti di Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia.

Hanno vinto tutti, si diceva: ha vinto il PD di Matteo Renzi, che ha portato a casa cinque regioni su sette, ha vinto la Lega di Matteo Salvini, che ha visto aumentare esponenzialmente i propri voti ovunque, soprattutto al di fuori dei confini “padani”, ma ha vinto anche Forza Italia, che con il suo candidato Giovanni Toti ha “scippato” la Liguria, regione storicamente rossa, al centrosinistra, hanno vinto i 5 Stelle, che hanno visto aumentare le loro percentuali e si confermano secondo partito a livello nazionale.
Insomma, il centro è avanzato, la destra è migliorata, la sinistra è in progressione! Che stato di salute eccellente per la politica italiana e i suoi protagonisti, il futuro è roseo!

Ecco, ora torniamo seri e analizziamo con un minimo di raziocinio i risultati del voto regione per regione:

  • Veneto: qui già si sapeva chi avrebbe vinto, la Lega in Veneto è storicamente ben radicata e il governatore uscente, Luca Zaia, gode di un notevole consenso personale. Per tentare l’impresa, però, il centrosinistra unito gli ha contrapposto Alessandra Moretti. Alcuni si sono chiesti: “Ma perché lei? È stata eletta da meno di un anno a Bruxelles, incarico per cui ha abbandonato il posto da deputata, in cui sedeva solamente da un altro anno!”. La risposta è stata che alle europee questa ex vice sindaca di Vicenza ha saputo raccogliere 230mila preferenze e che “i sondaggi danno tutti gli altri possibili candidati di centrosinistra indietro di 20 punti, lei solo di 10, è il candidato più forte che abbiamo” (storie di cronaca vera). E infatti ha perso di 30 punti. Detto questo, comunque, merita una menzione positiva, avendo fatto davvero campagna sul territorio, comune per comune, ma anche una negativa, anzi due, per l’imbarazzante intervista che l’ha resa nota come “la ladylike” e la “candid camera” in auto con Renzi, che ha sfiorato lo scabroso.
  • Liguria: qui il Partito Democratico è riuscito a mettere in piedi un capolavoro dell’orrido. Le primarie hanno visto vincitrice Raffaella Paita su Sergio Cofferati; la vittoria è stata netta, ma si sono registrate diverse irregolarità, tanto che 13 seggi sono stati annullati e lo stesso sfidante ha abbandonato il partito vedendo che da Largo del Nazareno nessuna voce si alzava contro questo “pasticciaccio brutto”. Non bastasse questo, Paita è, nonostante le primarie, la candidata sbagliata: già membro della Giunta regionale di Burlando, e quindi implicata nel sistema di potere che vi girava intorno, bersaniana poi convertitasi al renzismo, scontenta sia chi vuole continuità che chi vuole rinnovamento, riuscendo nella non facile impresa di far vincere “bisteccone” Toti, uno che…va beh, l’avete visto Toti? Ecco. Oltretutto da segnalare la classe con cui Paita ha accolto la sconfitta, incolpando del desolante risultato tutto ciò che di “rosso” ci fosse in Liguria, dal “civatiano” Pastorino al Gabibbo (nonostante l’analisi dei flussi di voto dimostri il contrario).
  • Toscana: la vittoria del presidente uscente Enrico Rossi era pressoché una formalità, e infatti così è stato, sfiorando la maggioranza assoluta. Meno scontato, anzi, difficilmente prevedibile, il secondo posto della Lega Nord in queste terre molto a sud del Po, e ugualmente impronosticabile il fatto che proprio qui, nella regione che insieme all’Emilia Romagna ha fatto storicamente registrare il maggior tasso di partecipazione politica, l’affluenza risultasse la più bassa d’Italia, rimanendo addirittura al di sotto del 50%.
  • Marche: la regione di cui si è parlato meno, e infatti non c’è molto da dire. La vittoria di Ceriscioli, candidato del Partito Democratico, è stata netta, con un margine del 20% sul Movimento 5 Stelle. Da segnalare, anche qui, un’affluenza inferiore alla metà degli aventi diritto.
  • Umbria: anche nel “polmone d’Italia” tutto da copione, la vittoria è andata alla candidata del centrosinistra, Catiuscia Marini, nonostante un margine (3,5%) sul centrodestra unito molto più risicato delle attese.
  • Campania: qui si cade nel tragicomico. La vittoria è andata al candidato del centrosinistra, l’ex sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, che ha battuto il governatore uscente di Forza Italia, Stefano Caldoro. Sì, ma c’è un “ma…” grosso come una casa, perché infatti De Luca formalmente è ineleggibile a causa della “Legge Severino”, essendo lui condannato in prima grado per abuso d’ufficio. S’aggiunga a ciò la querelle sugli “impresentabili”, su cui non mi soffermerò, e il fatto che De Luca sia l’esatto opposto del rinnovamento di cui il premier tanto ciancia, esponente di lungo corso di quella vecchia politica (ma vecchia vecchia, eh, tanto che per vincere ha stretto un’alleanza nientepopodimeno che con Ciriaco “Sempreverde” De Mita) che il segretario democratico sostiene di combattere.
  • Puglia: infine la Puglia, dove la vittoria, anche qui ampiamente prevista, è andata ad un altro ex sindaco, quello di Bari, Michele Emiliano, che ha distaccato di quasi trenta punti percentuali la candidata grillina ed il centrodestra spaccato tra fittiani e “fedeli alla linea” berlusconiana.

Tirando un po’ le somme, dunque, chi può dire di aver vinto?

Può farlo Matteo Renzi. O meglio potrebbe, se la politica si analizzasse come una partita di calcio. Perché è vero, il centrosinistra fa vinto 5-2, ma ha perso in pochi mesi un milioncino di elettori, ha ottenuto un risultato estremamente deludente dove ha candidato dei renziani (Paita, Moretti) e ha ottenuto le tre vittorie più nette con candidati radicati sul territorio, ma distanti dalle posizioni del nuovo corso del PD (De Luca, Rossi, Emiliano).

Può farlo Grillo. O meglio potrebbe, perché sì, le percentuali sono cresciute dalle europee, ma il numero complessivo di voti si è abbassato, segno che una parte di quei voti che il Movimento aveva rubato all’astensione, all’astensione sono tornati.

Non può farlo, ma proprio per niente, Berlusconi. Ha imposto un suo candidato in un feudo della sinistra, ma le percentuali di Forza Italia sono le più basse di sempre, scavalcata pressoché ovunque dalla Lega 3.0 di Salvini.

Può farlo, e ne ha ben donde (purtroppo), proprio lo stesso Salvini: la sua Lega ha raddoppiato, quando non triplicato i propri voti ovunque, sfondando l’argine che l’aveva sempre tenuta entro i confini della Pianura Padana e attecchendo anche in regioni come Toscana e Liguria, si attesta ormai stabilmente oltre il 10% a livello nazionale e può crescere ulteriormente sulle macerie di una destra in macerie. E poco importa (almeno allo stesso Salvini) se questi voti sono raccolti parlando alla parte più becera, violenta e razzista dell’elettorato, se queste percentuali sono costruite sull’odio e la disperazione, oltre che sull’ignoranza, perché in politica tutto fa brodo, anche le ruspe.

Ma a voler analizzare seriamente la tornata elettorale appena conclusa, cosa che pochi osservatori hanno voluto fare, ci si accorge che in realtà un partito forte in Italia c’è, un partito che sfiora ovunque la maggioranza assoluta, l’ultimo vero partito di massa, ed è il partito di coloro che alle urne nemmeno ci vanno più.
E se in un Paese la forza numericamente più rilevante è l’astensione significa che, in realtà, hanno perso tutti. ABBIAMO perso tutti.

2 pensieri riguardo “#Regionali2015: un trionfo!

  1. Concordo con l’analisi. L’unico vincitore (purtroppo) rimane Salvini. Si dovrebbe partire da questo per correggere il tiro a sinistra – e non sto certamente suggerendo di seguire i populismi. Bisogna dare risposte al Paese, allora sì che il populismo non avrebbe forza.

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