I social network hanno reso insopportabile il giorno dopo le elezioni.
Per chi vi ha bazzicato, la rete è stata una sequela inverosimile di sparate, accuse, insulti, rattoppi, boutade e anche diverse “boutadanade” (per citare un vecchio adagio della Gialappa’s).
Accendere la tv faceva solo venire voglia di lanciarla dalla finestra.
Ad urne chiuse poi è partita la pletora di raffinatissime analisi da parte delle forze politiche.
Renzi che cerca di minimizzare per ovvie ragioni: il PD non è andato come sperava il Presidente del Consiglio.
Il Centro-destra che mastica amaro per il risultato di Roma e Torino ma spera ancora a Milano.
Il Movimento 5 Stelle che vaneggia sostenendo di essere il partito più votato d’Italia (secondo quale studio?).
Ad oggi, a mia conoscenza (ma non escludo la possibilità di essere smentito) la più autorevole analisi sul voto l’ha fatta l’Istituto Cattaneo qui .
I dati sembrano suggerire
- un PD in sostanziale stallo a livello nazionale (un punto percentuale circa in più rispetto alle scorse politiche ma sceso di molto se si considerano le amministrative del 2011)
- un Centro-Destra (laddove si è presentato unito) che invece cresce rispetto alle politiche del 2013 (ma con notevoli eccezioni in città importanti) e che però è lontano dai numeri delle scorse amministrative
- un Movimento 5 Stelle in flessione (meno 4 punti percentuali) rispetto alle politiche ma chiaramente cresciuto dal 2011
Ora, siccome nessuno può dire di aver vinto, ecco che tutti dicono di aver vinto.
Follia? No. E questa non è Sparta, è la politica baby.
L’unica cosa che cresce è l’astensione e (pare quindi) la disaffezione per la politica, come si vede anche consultando altri dati (qui) che mostrano i flussi elettorali.
Insomma, una crisi della politica (e della partecipazione alla stessa) che nessuna forza pare riesca a fermare.
Ora vediamo che succede ai ballottaggi del 19 Giugno.
Perché se è vero che i voti vanno contati, e che le amministrative non sono le politiche, è anche vero che conquistare certi luoghi rimane un gesto simbolico politicamente importante.
Simboli che potrebbero, in futuro, fare la differenza e modificare la lotta in vista del prossimo appuntamento elettorale di ottobre: il referendum.