L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non è solo una sconfitta per l’Europa, ma una vittoria del populismo. L’Europa è vista da molti, a buona ragione, come un carrozzone burocratico lontano dai cittadini. Certo, la Gran Bretagna godeva di un trattamento speciale da parte europea ed è sempre stata con un piede fuori e uno dentro. A riprova del fatto che l’Europa sia una mostro burocratico, ci sono le trattative che si protrarranno per i prossimi due anni: l’uscita, infatti, non è immediata e si dovranno esaminare i termini e le condizioni.
Sulle capacità di gestire questa situazione siamo molto scettici, vista l’incapacità di avere una voce comune da parte degli stati membri, il prevalere di interessi nazionali e un Presidente della Commissione troppo legato a interessi e scandali bancari. L’Unione costruita e pensata su basi economico finanziarie ha fallito, ha dato gioco facile al populismo che sta sferzando il mondo occidentale, dove l’individuo si sente sempre più lasciato a se stesso e percepisce le istituzioni come un club esclusivo dove non è stato invitato. È in questo contesto che crescono partiti estremisti favorevoli ad un’uscita dall’Unione Europea come l’Ukip in Gran Bretagna, le Front National in Francia e la Lega Nord in Italia.
Basti osservare questi dati, dove è evidente che i giovani (chiaramente con maggiore lungimiranza) hanno scelto di rimanere nell’UE, mentre l’uscita è stata la preferenza di chi dovrà mediamente vivere meno anni con questo risultato (con un un po’ di sano egoismo).

Altri dati ci mostrano come abbia pesato anche il il titolo di studio dei votanti: non è affatto scontato, ma all’aumentare del livello di istruzione, cresce il sostegno nei confronti dell’Unione europea.

C’è da aggiungere che un’Europa di stampo tedesco non piace molto, così come non piacciono le decisioni germanocentriche. È l’inizio della fine dell’Europa costruita sulle banche, che non ha fatto suo il Manifesto di Ventotene. Ma forse a Bruxelles, in quel bel sogno, non ci ha creduto nessuno.